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CRITERI DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE IN CONDOMINIO

Il tema che ci occupa è sovente fonte di perplessità e di litigi all’interno dei condomini, anche perchè la ripartizione delle spese condominiali tocca in maniera diretta ed immediata gli interessi dei singoli condomini. Infatti, ad ognuno di loro spetta partecipare alle spese nella maniera più giusta possibile. Per la qual cosa, la corretta applicazione delle disposizioni codicistiche incontra non solo gli interessi di questi ultimi ma anche quello dell’amministratore del condominio, al fine di evitare una sua eventuale responsabilità in ordine alle conseguenze della errata applicazione dei criteri di riparto delle spese condominiali.
L’argomento, di sicuro interesse, si presenta di non facile interpretazione e presuppone una conoscenza dei vari aspetti della vita condominiale non in maniera superficiale. Cercheremo nelle pagine che seguono di dare quelle nozioni utili a districarsi in tale particolare materia.

Parte generale
Alcuni aspetti della regolamentazione generale del condominio sono il presupposto necessario per ben comprendere il perchè dei vari criteri che il codice civile o la giurisprudenza in funzione chiarificatrice o integratrice ritengono applicabili. Per cui appare opportuno soffermarci brevemente su tali aspetti.
In primo luogo è necessario conoscere la disposizione di cui all’art. 1139 c.c.. Tale norma rinvia alle norme sulla comunione, per quanto non espressamente previsto dal capo II del Titolo VII, sul condominio. Essa è da ritenersi quale norma di salvezza, nel caso in cui la soluzione del problema del riparto delle spese condominiali non possa essere risolto in base alle norme ed ai principi previsti in materia di condominio.
Inoltre, nella necessaria stringatezza della legge e nella considerazione dell’epoca storica in cui il codice civile fu emanato, sono ormai trascorsi più di cinquant’anni, il più delle volte, al fine di essere quanto più preciso possibile, sarà necessario integrare la fonte normativa con l’interpretazione che di essa ne fa la giurisprudenza. Tenendo ben presente, che anche quest’ultima, va considerata nel suo evolversi e nei suoi vari indirizzi spesso in contrasto tra di loro.

Ciò premesso, va detto che molte delle problematiche che potrebbero sorgere vanno risolte con l’attenta lettura della norma nonchè della fonte secondaria, che nella materia in esame è il regolamento condominiale (sia esso contrattuale o assembleare). Ciò serve per dire che per prima cosa se una spesa è espressamente prevista dal regolamento condominiale all’amministratore non rimarrà che applicare la tabella di riparto prevista dallo stesso regolamento. Infatti, per molte delle spese che quotidianamente vengono fatte dall’amministratore del condominio, non si pone alcun problema di imputazione in quanto essa imputazione è appunto prevista espressamente da detto regolamento: es. manutenzione generale, riparazioni, cancelleria ecc., sono tutte spese che si è soliti raggruppare nelle spese generali e ripartirle nella tabella detta “A”.

Abbiamo quindi come punti di riferimento costanti:
1) le norme del codice civile in materia di condominio, lette alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale, ed in mancanza di queste di quelle sulla comunione;
2) le regole sul riparto delle spese previste in sede di regolamento di condominio;
3) le regole da determinarsi a cura dell’assemblea o dell’amministratore, caso per caso, perchè non previste dalle prime due fonti.

Appare subito che se nei primi due casi l’opera dell’amministratore appare abbastanza semplice, nell’ultimo è opportuno che egli proceda con molta cautela proprio per operare con ogni legittimità.

I criteri di riparto previsti dal codice civile
Il codice civile del 1942 all’art. 1123 (Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei serrvizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Se si stratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte ddell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità) prevede tre criteri generali di ripartizione delle spese.
Agli articoli successivi si occupa invece dei più importanti beni comuni prevedendo per ognuno di essi una particolare disciplina. Infatti l’articolo 1124 c.c. prevede la ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, l’articolo 1125 c.c. detta i criteri per la ripartizione delle spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti delle volte e dei solai; l’art. 1126 si occupa invece dei lastrici solari di uso esclusivo.
Quelli previsti dall’art. 1123 c.c., sono quindi da considerarsi come aventi una portata generale e si applicano ad una serie innumerevole di beni comuni che il codice non ha ritenuto necessario di dover elencare.
Il primo è il normale criterio di ripartizione millesimale in base alla proprietà. Tale criterio fonda sul disposto dell’art. 1118 c.c., il quale prevede che il diritto di ciascun condomino sui beni comuni è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti. Per la qual cosa verrà parimenti determinata anche la sua partecipazione alle spese, espressa matematicamente nella quota millesimale attribuitagli. Si è soliti identificare tale partecipazione alla tabella generale con la dizione “quota di proprietà “ in realtà essa non è l’espressione della proprietà, non è cioè l’oggetto del diritto ma solo la misura in cui il condomino è obbligato a partecipare alle spese effettuate, cioè a tutte quelle spese che avendo riferimento ai beni in comunione indifferenziata dovranno essere ripartite per quella che solitamente viene definita tabella “A” o generale. Ci riferiamo all’assicurazione del fabbricato, alle spese di amministrazione, allo stesso onorario dell’amministratore, alla manutenzione generale, ecc..

Il secondo criterio previsto dallo stesso articolo 1123 al II comma è quello dell’uso potenziale. Esso si applica quando vi sono beni comuni che servono i condomini in misura diversa. In tal caso, questo criterio prevale sul primo.

Il terzo criterio ha riferimento all’uso parziario. Ciò si verifica nel caso in cui un condominio ha più scale, cortili, lastrici solari, impianti ed opere destinate a servire solo una parte del fabbricato condominiale (condominio parziario). In tal caso le spese relative saranno a carico dei soli condomini che ne traggono utilità. Infatti, nei regolamenti di condominio spesso sono previste tante tabelle quante sono le scale, gli ascensori, ecc..
Come si correlano questi primi tre criteri ?
Si può con sicurezza affermare che gli ultimi due si pongono con un carattere di specialità rispetto al primo per cui a quest’ultimo si farà ricorso solo laddove essi non risultino applicabili. Ad esempio nel caso di riparazione del tetto di copertura si applicherà il criterio generale di riparto delle spese. Quando invece vi sono più fabbricati o più tetti si applicherà il terzo criterio, cioè saranno tenuti al pagamento delle spese solo quei condomini i cui appartamenti sono effettivamente coperti dal tetto per cui si è provveduto alla riparazione.

I riparti di cui agli artt. 1124 e segg. c.c.
Gli articoli in esame prevedono invece diversi criteri di ripartizione a seconda del bene condominiale considerato.
Il primo e cioè l’art. 1124 c.c. si intitola alla manutenzione e ricostruzione delle scale, ed a seguito della riforma anche a quelle dell’ascensore. Le relative spese vengono imputate unicamente ai proprietari cui i beni considerati servono (altra ipotesi di condominio parziario) per metà in ragione del valore del singolo piano e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. La voluntas legis espressa con tale disposizione è abbastanza trasparente: si tiene conto di un probabile criterio d’uso determinato a monte dal legislatore al fine di evitare inutili dissidi. In pratica il normale criterio basato sui millesimi è contemperato con un altro criterio che tenga conto invece del piano di ubicazione dell’immobile. Atteso che quanto più in alto sia posto quest’ultimo tanto più si presume l’uso delle scale e dell’ascensore.

-L’art. 1125 c.c. intitolato alla “Manutenzione e ricostruzione dei soffitti delle volte e dei solai” precisa che le relative spese di riparazione devono essere addebitate in parti uguali ai proprietari dei due piani uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore, l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. Ciò, chiaramente, nella normalità dei casi ed con esclusione di quello in cui il danno è stato procurato da cattiva manutenzione del proprietario del piano superiore, nel qual caso sarà tenuto unicamente quest’ultimo al risarcimento dei danni procurati. Cosa questa che accade sovente ad. es. per le infiltrazioni provenienti dai balconi soprastanti.

– L’art. 1126 c.c., si riferisce invece ai lastrici solari di uso esclusivo. Attenzione che si parla di uso e non di proprietà. Infatti, recita il codice “coloro che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione ddel valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.
E’ utile spiegare che parteciperanno alla spesa tutti i proprietari dell’edificio se trattasi di un tetto unico. Quando invece a causa delle caratteristiche costruttivo si potrà o si dovrà tener conto del fatto che trattasi di lastrici diversi alla spesa di riparazione parteciperanno i soli proprietari di quegli immobili che si trovano nella colonna d’aria sottostante il lastrico riparato.

Il rapporto tra conduttore e proprietario
Nel rapporto tra conduttore e locatore, in tema di spese condominiali non pagate nei confronti del condominio, il debitore è sempre il condòmino locatore, il quale può rivalersi sul conduttore. L’amministratore è, infatti, legittimato ad agire solo nei confronti del proprietario dell’immobile (Cass. 25781/2009). Gli unici obblighi a carico dell’inquilino sussistono in relazione al rapporto «interno» con il locatore proprietario dell’unità immobiliare in condominio. In particolare, il conduttore è tenuto a rimborsare (salvo patto contrario) al proprietario gli oneri accessori di cui all’articolo 9, L. 392/1978, e cioè:
– le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore;
– quelle relative alla fornitura d’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento
e del condizionamento dell’aria;
– quelle relative allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine;
– le spese, infine, relative alla fornitura di altri servizi comuni.
Quanto a quest’ultimo punto, bisogna sottolineare che per «altri servizi comuni» bisogna intendere quelli di cui il conduttore abbia il godimento effettivo.
Il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di adempiere, il conduttore ha diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese, con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore, inoltre, ha il diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate.
L’obbligazione del conduttore di pagare gli oneri accessori è da considerarsi parte integrante della struttura sinallagmatica del contratto, con la conseguenza che il suo inadempimento, se superiore a due mensilità del canone locatizio, dà al locatore il diritto di ottenere la risoluzione del contratto di locazione.
In virtù di quanto disposto dalla L. 431/1999 ciò si applica ai cd. contratti agevolati, mentre in quelli cd. liberi le parti possono concordare anche obblighi maggiori o minori a carico del conduttore.

Il rapporto tra usufruttuario e proprietario
La riforma del condominio (L. 220/2012) ha modificato l’articolo 67 disp. att. c.c., introducendo una disciplina completamente opposta alle interpretazioni sinora fornite dalla giurisprudenza in merito alla posizione dell’usufruttuario di fronte al pagamento delle spese condominiali.
Secondo la giurisprudenza, infatti, il pagamento di tutti i contributi condominiali sarebbe spettata al solo nudo proprietario, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dell’usufruttuario in relazione alle spese ordinarie.
L’articolo 67 disp. att. c.c., invece, nella sua nuova formulazione — dopo aver chiarito che l’usufruttuario esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione ed al semplice godimento delle cose
e dei servizi comuni (mentre nelle altre deliberazioni il diritto di voto spetta al nudo proprietario) — prevede espressamente che il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale.
Ciò significa, quindi, che l’usufruttuario risponde direttamente nei confronti del condominio e non in via indiretta (cioè in caso di azione di rivalsa da parte del nudo proprietario che abbia corrisposto gli oneri condominiali).
Si tratta di una novità importante, in quanto consente al condominio, in caso di mancato pagamento, di rifarsi nei confronti del debitore che ritiene più solvibile.

Il riparto delle spese dell’ascensore in assenza delle tabelle millesimali
Prima che la riforma del 2012 ne consacrasse normativamente la disciplina all’articolo 1124 c.c., è stata la giurisprudenza a risolvere il problema della ripartizione delle spese nel caso degli ascensori.
Con la sentenza 3264/2005 la Corte di Cassazione ha stabilito che per quanto riguarda gli ascensori, la presunzione di comproprietà fra i condòmini dell’impianto è fondata sulla relazione strumentale necessaria fra questo e l’uso comune e, poiché la destinazione al soddisfacimento dell’interesse dei partecipanti al condominio non ha per tutti pari intensità, ma varia in funzione del piano in cui si trova la porzione di proprietà esclusiva del singolo condòmino, il criterio di ripartizione delle spese, secondo la misura della partecipazione alla comproprietà del bene da parte dei singoli, deve essere coordinato con quello della proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Per cui il principio desumibile dall’articolo 1117 c.c. deve essere coordinato con quello stabilito dall’articolo 1123, commi secondo e terzo, c.c. che individua il criterio di riparto sia in base all’uso differenziato (in particolare all’uso virtuale e non a quello effettivo) sia in base al principio del condominio parziario, cioè che le spese fanno capo solo ad una parte dei condomini e cioè di quelli che sono proprietari degli appartamenti cui il bene comune è materialmente o funzionalmente collegato..
La disciplina applicabile agli ascensori deve, quindi, essere analoga a quella stabilita per le scale dall’articolo 1124 c.c. il quale rappresenta un’applicazione della regola generale stabilita dall’articolo 1123 commi
secondo e terzo c.c.
A sgombrare il campo da ogni dubbio è intervenuto il nuovo testo dell’articolo 1124 c.c., il quale ha espressamente disposto che le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Le spese di riparazione del lastrico solare
Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o proprietà esclusiva ad uno dei condòmini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l’obbligo di provvedere alla sua riparazione grava su tutti i condòmini. Ne consegue che il condominio su cui grava la responsabilità ex articolo 2051 c.c. è tenuto ad effettuare oltre che la manutenzione anche la riparazione e risponde dei danni ex articolo 1126 c.c. (Cass. 4596/2012).
Il proprietario di una terrazza a livello che abbia anche funzione di copertura dell’edificio condominiale è liberato dalla responsabilità per i danni derivati ad appartamenti sottostanti per infiltrazioni di acqua dando la prova del caso fortuito, della forza maggiore o del fatto del terzo, che può anche consistere nell’inerzia colpevole del condominio (o degli organi preposti alla sua amministrazione) che sia stato tempestivamente informato dell’esistenza di guasti, vizi o difetti della terrazza da cui il danno è derivato (Cass. 3696/1988). Le spese di manutenzione, riparazione e ricostruzione delle terrazze, anche a livello, equiparate ai lastrici solari, sono disciplinate dall’articolo 1126 c.c., che ne prevede la ripartizione in ragione di un terzo, a carico del condomino che abbia l’uso esclusivo, restando gli altri due terzi della stessa spesa a carico dei proprietari dei piani o porzioni di piano sottostanti, ai quali il lastrico o la terrazza servano da copertura. Diversamente, l’articolo 1125 c.c. che prevede la ripartizione in parti uguali delle spese tra i proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti, è applicabile solo alla manutenzione e alla ricostruzione dei solai e delle volte e non della terrazza a livello, pur se ad essa sia sottoposto un solo locale, perché in questo caso la funzione di copertura della terrazza medesima non viene meno (Cass. 11029/2003).
Con lo stesso criterio del lastrico solare dovranno essere ripartite le spese in ordine a quegli elementi ad esso accessorio quali pluviali, canali di scolo ecc. ( Cass. 18194/2005).

La delibera di ripartizione delle spese
L’art. 1137 c.c. testualmente cita : “ Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione non sia ordinata dall’autorità stessa. Il ricorso deve essere proposto entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data della comunicazione per gli assenti”. Sulla base di questa disposizione si è ritenuto che ben può l’assemblea derogare dai criteri normativamente previsti quando approva una singola spesa, rimanendo al condomino dissenziente la possibilità di impugnare (Cass. 1726/1966) detto deliberato, davanti all’autorità giudiziaria, nei trenta giorni dall’assemblea o dalla notifica del verbale, se assente.
Ma ciò che più importa è sapere se l’assemblea gode del potere di derogare dalle tabelle già esistenti. Possono cioè i condomini fissare criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento di condominio in assemblea a maggioranza? La risposta è no. Infatti, è proprio l’art. 1135 c.c. a circoscrivere le competenze dell’assemblea alla verifica ed applicazione concreta dei criteri fissati dalla legge. Salvo chiaramente che la delibera venga presa all’unanimità dai partecipanti al condominio.
Infatti, l’art. 1123 c.c. in relazione ai criteri di ripartizione delle spese condominiali conclude con l’espressione “salva diversa convenzione”.
Tale espressione significa che i regolamenti di condominio possono stabilire che alcune o tutte le spese debbano essere ripartite in modo diverso da quello previsto dalla legge e si applicano fino a quando non saranno modificati. Con la conseguenza che, eventuali delibere adottate senza la prescritta unanimità saranno nulle e la nullità potrà essere fatta valere dai condomini dissenzienti in ogni tempo. Infatti, solo con una delibera votata all’unanimità è possibile una convenzione diversa: addirittura con quest’ultima è possibile anche escludere qualcuno dalle spese in virtù dell’autonomia contrattuale che comunque spetta ad ogni persona (Cass. 6844/1988).

Tratto dalla rubrica “Dottrina” Il Condominio Nuovo.